intervista a marco stangalino, vice presidente esecutivo e direttore power asset edison
Il settore idroelettrico rappresenta la prima fonte rinnovabile per la generazione elettrica in Italia. Soprattutto in questo particolare frangente storico, il comparto potrà avere un ruolo strategico per la transizione e la sicurezza energetica del Paese. Quali sono i punti di forza di questa fonte energetica?
L’idroelettrico è la prima fonte rinnovabile per produzione, tanto in Italia quanto nel mondo. Circa un sesto dell’energia consumata proviene da impianti idroelettrici. E persino in un anno come questo di estrema siccità, cha ha portato a un calo medio della produzione intorno al 50% nel primo semestre, questa fonte rimane la prima tra le rinnovabili per contributo alla generazione elettrica, davanti al fotovoltaico e l’eolico. Appare dunque evidente il suo ruolo cardine per realizzare la transizione ecologica. I punti di forza sono molteplici. Prima di tutto, se consideriamo gli impianti a bacino, ha un’estrema flessibilità al contrario delle altre rinnovabili. È infatti in grado di entrare in esercizio in un breve lasso di tempo, soddisfacendo i picchi di domanda a qualsiasi ora del giorno. Inoltre, è la tecnologia con la più alta curva di efficienza: significa che quasi tutta l’energia meccanica dell’acqua è trasformata in energia elettrica. A seconda delle turbine siamo su percentuali di efficienza tra il 90 e il 95 per cento. E dobbiamo considerare che la tecnologia, la realizzazione e manutenzione degli impianti attinge a competenze e filiere quasi internamente italiane, che non richiedono importazioni di materie prime dall’estero. Un altro punto di forza molto importante che hanno gli impianti a bacino è che sono capaci di contribuire alla mitigazione degli eventi estremi, attraverso la gestione (laminazione) dei livelli di acqua rilasciati dalle dighe. In questo modo è possibile salvaguardare gli habitat, svolgendo un ruolo cruciale nella gestione delle piene o al contrario in caso di siccità, come stiamo facendo in questi mesi estivi, rilasciare acqua per sostenere gli usi irrigui”.
Circa il 70% degli impianti idroelettrici in Italia ha più di 40 anni e l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029. L’attuale quadro normativo può essere un ostacolo alla valorizzazione di questa fonte energetica, soprattutto per ciò che concerne gli investimenti di ammodernamento e le concessioni?
“Vede, in questa fase c’è molta incertezza e gli operatori hanno un atteggiamento cauto. In Italia siamo gli unici a fare le gare e tutti i Paesi europei hanno tolto la questione delle concessioni idroelettriche dai rispettivi PNRR. Il rischio dell’apertura del nostro mercato è far perdere competitività all’industria italiana e alle filiere di settore favorendo logiche speculative di operatori non industriali, anche stranieri. Secondo noi la soluzione migliore sarebbe la rimodulazione della durata delle concessioni, a fronte di investimenti da concordare direttamente con le Regioni, anche in funzione delle necessità dei territori e delle comunità che ospitano gli impianti. In questo modo, ad esempio, a fronte di un periodo di almeno dieci anni, sarebbe possibile sbloccare investimenti nel settore calcolati in circa 9 miliardi di euro aggiuntivi, secondo uno studio di European House Ambrosetti, e sbloccare un potenziale aggiuntivo di produzione tra il 5 e il 10 per cento, favorendo la ripresa economica di filiere industriali nazionali e contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica del Paese.
“L’idroelettrico è la prima fonte rinnovabile per produzione, tanto in Italia quanto nel mondo. Circa un sesto dell’energia consumata proviene da impianti idroelettrici...Appare dunque evidente il suo ruolo cardine per realizzare la transizione ecologica"
Edison lo scorso dicembre ha presentano un ambizioso piano di sviluppo delle fonti rinnovabili al 2030. Stante l’attuale crisi energetica, quali politiche sono auspicabili per traghettare il Paese verso il raggiungimento del target europeo della riduzione delle emissioni e, contestualmente, raggiungere l’autonomia energetica in chiave “green”?
È importante mantenere i piedi per terra e procedere razionalmente. Da una parte abbiamo la necessità di accelerare sulle rinnovabili per essere sempre più indipendenti dalle fonti fossili oltre che sostenibili, dall’altra dobbiamo essere consapevoli che la transizione energetica è un processo che si realizza da obiettivo al 2050. Deve essere inclusivo e non lasciare indietro nessuno. E che oggi oltre la metà della nostra produzione, non avendo altre fonti come il nucleare, dipende dal gas. Dobbiamo dunque procedere incrementando il ritmo delle installazioni rinnovabili e comprendere che il gas è indispensabile per supplire all’intermittenza che al momento scontiamo con le fonti non programmabili. Noi di Edison abbiamo lanciato un piano ambizioso di crescita per fare la nostra parte e guidare la transizione energetica italiana: abbiamo l’obiettivo di portare l’installato green dagli attuali 2 GW a 5 GW al 2030, più 1 GW ulteriore di sistemi di accumulo e pompaggio e una quota di rinnovabili dedicata alla produzione di idrogeno verde. Prevediamo di raggiungere il target attraverso l’investimento di 3 miliardi di euro entro il decennio su tutto il territorio nazionale.
“In Italia siamo gli unici a fare le gare e tutti i Paesi europei hanno tolto la questione delle concessioni idroelettriche dai rispettivi PNRR. Il rischio dell’apertura del nostro mercato è far perdere competitività all’industria italiana e alle filiere di settore favorendo logiche speculative di operatori non industriali, anche stranieri"
La Commissione europea ha più volte sollecitato gli Stati membri ad attuare politiche di pianificazione territoriale nello sviluppo delle energie rinnovabili, con il coinvolgimento degli Enti locali e della popolazione locale. Da questo punto di vista, Edison si è resa protagonista di tre campagne di crowdfunding che hanno avuto un notevole successo. Penso, ad esempio, a quella riferita alla centrale idroelettrica di Quassolo, che ha coinvolto i Comuni di Quassolo, Borgofranco di Ivrea, Quincinetto, Tavagnasco, Montalto Dora e Settimo Vittone. Ci può spiegare nello specifico in cosa è consistita questa attività?
“Come Edison poniamo al centro del nostro agire la responsabilità e la condivisione die benefici con le comunità dove si trovano i nostri impianti. Da qui l’idea nel 2018 di lanciare il primo crowdfunding d’Italia legato alla realizzazione di una infrastruttura energetica. Un’esperienza che abbiamo ripetuto anche quest’anno in Piemonte, per la realizzazione di un nuovo impianto che contribuirà ad accrescere la quota di energia rinnovabile a disposizione della rete elettrica nazionale. In meno di due settimane abbiamo raccolto 300 mila euro dai cittadini dei comuni limitrofi, riconoscendo loro un interesse del 7%. È anche in questo modo che rendiamo le comunità locali consapevoli, protagoniste e parte attiva della trasformazione del proprio territorio.
