intervista a ENRICO nada, presidente di coldiretti cuneo
Il settore agroalimentare è in forte sofferenza, non solo per il caro bollette, anche per i rincari delle materie prime e di tutto ciò che concerne la gestione di un’azienda agricola. Il comparto agricolo e quello alimentare hanno esigenze (anche energetiche) diverse: quali soluzioni prospettate per gestire l’emergenza in corso?
La produzione agricola e quella alimentare assorbono insieme oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali: parliamo non solo di consumi diretti per combustibili, macchinari e attrezzatture, produzione, trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli, ma anche di consumi indiretti di energia, ad esempio derivanti dai fertilizzanti. Per ridurre l’importazione di fertilizzanti chimici dall’estero (rincarati anche del 170%!) è importante promuovere tra gli agricoltori l’utilizzo del digestato, fertilizzante con nutrienti organici recuperati dal letame prodotto negli allevamenti.
Altro esempio di economia circolare in agricoltura, in un’ottica di risparmio per imprese e famiglie, arriva dal riscaldamento a cippato, proposta molto interessante che vede già diverse realtà agricole attive in Provincia di Cuneo per la produzione di cippato dagli scarti del legno (piante a fine ciclo produttivo, scarti derivanti dalla pulizia di boschi, argini di fiumi e torrenti): un combustibile ecologico per riscaldare unità abitative e produttive che oggi consente una riduzione dei costi per gli utenti finali altrimenti impensabile. Più in generale, servono aiuti immediati per salvare le aziende agricole dal crack con misure di contenimento del caro energia e dei costi di produzione, ma occorrono anche interventi strutturali per programmare il futuro di un comparto trainante dell’economia cuneese. Investire sulle energie rinnovabili resta una priorità, ma gli incentivi agli agricoltori che le producono vanno adeguati: bene che si copra il fabbisogno delle aziende con il fotovoltaico sui tetti di cascine e stalle ma si deve superare il limite dell’autoconsumo in modo che, con il via libera da Bruxelles, nei prossimi bandi si possa produrre anche per vendere.
"bene che si copra il fabbisogno delle aziende con il fotovoltaico sui tetti di cascine e stalle ma si deve superare il limite dell’autoconsumo in modo che, con il via libera da Bruxelles, nei prossimi bandi si possa produrre anche per vendere"
Lo scorso maggio Coldiretti ha presentato un’indagine dal titolo “La guerra nel piatto”, rispetto proprio agli effetti della guerra in Ucraina sul comparto. Al momento non ci sono segnali che fanno presagire la fine del conflitto, ciò significa che l’emergenza potrebbe diventare strutturale. Quali potrebbero essere le conseguenze di questo scenario?
Le sfide che abbiamo davanti si fanno di giorno in giorno più complesse. Basti pensare che nel giro di poche settimane il conflitto in Ucraina ha scombinato i mercati internazionali, generato speculazioni, moltiplicato i costi di produzione per le imprese agroalimentari, fatto salire l’inflazione, ridotto la disponibilità di certi prodotti e fatto aumentare la povertà, con un effetto dirompente sull’attività delle imprese e sulle tavole dei consumatori.
È indispensabile tornare all’autosufficienza alimentare: la globalizzazione spinta ha fallito, l’hanno dimostrato la pandemia prima e la guerra poi. Servono strumenti nazionali ed europei che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza.
In quest’ottica è prioritario investire per aumentare produzione e rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità. Sono passati cinque anni da quando Coldiretti ha presentato il progetto per la realizzazione di invasi che avrebbero garantito acqua a famiglie e imprese e prodotto energia pulita. Raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana ma dobbiamo arrivare al 50%. Serve poi contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono dei terreni. La soluzione non può certo arrivare dal cibo sintetico prodotto in laboratorio, che sia carne o latte: un attacco alle nostre stalle e una minaccia per la salute dei consumatori, a tutto vantaggio dei miliardari che foraggiano il cibo artificiale, che respingiamo con forza!
"È indispensabile tornare all’autosufficienza alimentare: la globalizzazione spinta ha fallito, l’hanno dimostrato la pandemia prima e la guerra poi. Servono strumenti nazionali ed europei che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza"
Caro energia e inflazione avranno nei prossimi mesi effetti pesanti anche sui consumi delle famiglie. Si parla di oltre due milioni di italiani a rischio fame. Già lo scorso febbraio avevate lanciato l’allarme di un cortocircuito nel sistema. È stato sottovalutato il problema? Quanto di questa crisi è il risultato di speculazioni?
Il problema è stato purtroppo sottovalutato. Da anni chiediamo di fermare le gravi speculazioni in atto lungo le filiere del cibo, acuite recentemente dall’esplosione dei costi, con un effetto valanga sulla spesa delle famiglie e un aumento dell’indigenza.
Emblematico è il caso del comparto ortofrutticolo, che vede sottopagate le produzioni agli agricoltori e triplicati i prezzi dai campi alla tavola. La grande distribuzione applica il suo strapotere acquistando e vendendo a prezzi che non coprono neppure i costi di produzione e i frutticoltori devono attendere anche un anno dalle raccolte per ricevere i pagamenti, senza alcun beneficio per il consumatore finale. Assolutamente vergognoso! Per questo come Coldiretti siamo pronti ad applicare il Decreto di contrasto alle pratiche commerciali sleali, per il quale ci siamo fortemente battuti.
Da un nostro studio emerge che nel 2022 l’aumento dei prezzi scatenato dalla guerra costerà alle famiglie italiane quasi 9 miliardi di euro soltanto per la spesa alimentare, con il rischio che chi acquista si trovi costretto a scegliere cibi stranieri a basso costo con scarsissime garanzie di qualità e sicurezza. Ma non possiamo accettare passi indietro sulla sicurezza alimentare che mettono a rischio la salute e la competitività del nostro agroalimentare. Occorre lavorare da subito ad accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi per garantire ai consumatori prodotti realizzati con materie prime agricole 100% locali, economicamente sostenibili.
