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ACQUE SOTTERRANEE: UNA SOLUZIONE DURATURA E SOSTENIBILE CONTRO LA SICCITA’

intervista a SERGIO RUSI, PRESIDENTE DEL Comitato Italiano Associazione Internazionale degli Idrogeologi

Presidente Rusi, il Comitato Italiano dell’Associazione Internazionale degli Idrogeologi, intervenendo nel dibattito sulla crisi idrica, ha proposto come soluzione sostenibile l’utilizzo delle acque sotterranee. Ci può spiegare meglio in cosa consiste questo “tesoro invisibile sotterraneo” e come possiamo utilizzarlo per risolvere l’attuale emergenza?

Già attualmente, le acque sotterranee forniscono l’84% del fabbisogno idropotabile in Italia. Di questi il 48% viene estratto da pozzi e il 36% direttamente da sorgenti. Inoltre, esse coprono una significativa parte delle esigenze agricole e industriali, ma di queste ultime è molto più difficile avere una quantificazione. Pur risentendo della diminuzione delle piogge, le acque sotterranee si rinnovano annualmente per circa 50 miliardi di metri cubi. Questo vuol dire che ogni anno, a partire dalla quantità di acqua che giunge al suolo dalle precipitazioni, sia liquide che solide, quali neve e grandine, una quantità paragonabile all’acqua presente nel Lago di Garda o a quella che mediamente il fiume Po scarica in Adriatico in un anno, riesce ad infiltrarsi nel sottosuolo del nostro Paese andando a costituire le acque sotterranee. A questa risorsa si aggiungono riserve profonde non completamente rinnovabili di volume ancora maggiore, nascoste nel sottosuolo delle nostre pianure e delle nostre montagne. L’Italia, in virtù delle caratteristiche idrogeologiche del territorio, possiede quindi un’abbondanza tale di acque sotterranee da rappresentare una risorsa economica inestimabile, anche per la sua ottima qualità naturale, rispetto a quella di corsi d’acqua e laghi, naturali e artificiali. La distribuzione delle acque sotterranee, e dunque il loro utilizzo, dipende da molteplici fattori il più importante dei quali è l’assetto geologico del territorio, ovvero i rapporti tra le cosiddette formazioni geologiche (insieme di rocce) permeabili e quelle meno o non permeabili. Ad esempio, la catena Appenninica, che, semplificando molto, è costituita da alternanze delle une sulle altre, è ricca di acque sotterranee, che noi addetti ai lavori chiamiamo “acquiferi”, che spesso vengono a giorno spontaneamente in sorgenti. Le stesse possono essere raggiunte da pozzi per estrarre quantità ulteriori in caso di necessità. Tale situazione, peraltro, si verifica già in molte captazioni ma potrebbe essere implementata a patto di conoscere l’entità, l’estensione e la qualità delle acque presenti.La distribuzione delle acque sotterranee dipende dunque da parametri climatici (presenza di precipitazioni in grado di dar luogo ad infiltrazione) e dall’assetto geologico in grado di raccogliere, accumulare e trasportare le stesse. All’interno degli acquiferi le acque si muovono con velocità molto più basse delle acque superficiali e questo fa sì che esse siano disponibili anche quando la ricarica dalle precipitazioni diminuisce o non c’è (come succede mediamente in molte parti dell’Italia meridionale in estate).

"Le acque sotterranee risultano immediatamente disponibili in molti contesti, e offrono soluzioni durature nel tempo e meno dipendenti, rispetto alle acque superficiali, dalle crisi idriche, a condizione che siano valutate attentamente le potenzialità degli acquiferi e monitorati costantemente gli effetti dei prelievi"

Come possono attivarsi gli Enti locali e le Regioni per attingere a questa risorsa? Quale potrebbe essere l’apporto del nostro legislatore nazionale?

La prima cosa da fare sarebbe quella di conoscere l’entità della risorsa e l’entità degli attuali utilizzi a qualsiasi scopo. Notizie migliori si hanno per l’acqua captata a scopo potabile, mentre per quella captata a scopi agricoli ed industriali i dati sono molto più deficitari. La seconda sarebbe il monitoraggio, e cioè il controllo tramite misurazioni, delle quantità in gioco e della qualità dell’acqua. Infatti, se da un lato le acque sotterranee possono fungere da serbatoio quotidiano o emergenziale, non è immaginabile che possano essere sfruttate all’infinito senza una valutazione globale che consenta di stabilire gli effetti sull’ambiente più in generale. Ad esempio, la captazione di una sorgente che alimenta un fiume deve tener conto delle portate fluviali e quindi della flora e della fauna dipendente. La conoscenza e il monitoraggio del flusso idrico delle acque sotterranee e delle risorse idriche in generale dovrebbe seguire quello che si fa con il flusso di energia elettrica con quantificazione della quantità immessa, ovvero captata, e di quella consumata, ovvero distribuita. Così come non è immaginabile non misurare i flussi di energia elettrica, è impensabile, con gli strumenti tecnologici oggigiorno a disposizione, non misurare il flusso idrico. A partire dalla conoscenza dei flussi sarà possibile verificare la possibilità di implementare i prelievi. Ad onor del vero c’è da sottolineare che lo stato italiano, attraverso i suoi enti e servizi, quali le Autorità di Bacino, l’ISPRA, le ARPA e le Regioni, sta, proprio in questi giorni, finanziando progetti ed azioni che mirano, tra l’altro, alla quantificazione delle risorse idriche disponibili ed alla definizione dei cosiddetti bilanci idrologici ed idrogeologici grazie ai quali dovrebbe essere più agevole implementare le captazioni esistenti e/o progettarne delle nuove.In sintesi, le amministrazioni pubbliche dovrebbero programmare scientificamente la gestione quantitativa delle risorse idriche, con particolare riferimento a quelle sotterranee, e pensare per tempo alla razionalizzazione del loro utilizzo. Esso deve garantire prioritariamente i fabbisogni idropotabili ma, se debitamente regolamentato, può anche essere di valido supporto alle attività produttive. Le acque sotterranee risultano immediatamente disponibili in molti contesti, e offrono soluzioni durature nel tempo e meno dipendenti, rispetto alle acque superficiali, dalle crisi idriche, a condizione che siano valutate attentamente le potenzialità degli acquiferi e monitorati costantemente gli effetti dei prelievi. Ciò non elimina la necessità di adattamento e mitigazione degli effetti delle variazioni climatiche, ma scongiurerebbe condizioni emergenziali, per le quali la risposta è spesso contingente, parziale e causa di ulteriori squilibri.

"le amministrazioni pubbliche dovrebbero programmare scientificamente la gestione quantitativa delle risorse idriche, con particolare riferimento a quelle sotterranee, e pensare per tempo alla razionalizzazione del loro utilizzo"

A proposito di Istituzioni. Per evitare di rincorrere le emergenze e imparare a prevenirle, sarebbe auspicabile evitare interventi messi in campo in tutta fretta. In quest’ottica sarà fondamentale adottare pratiche sostenibili e rispettose dell’ambiente. Cosa pensa del paventato Piano straordinario per la costruzione di 10.000 nuovi invasi artificiali? Si potrebbe trovare un compromesso tra costruzione di invasi e utilizzo delle acque sotterranee?

Il Comitato italiano dell’Associazione Internazionale degli Idrogeologi, che mi onoro di presiedere in questo momento, ha sempre avuto una posizione critica nei confronti degli invasi artificiali ed in particolare di quelli medi o piccoli. Come noto, e per stessa definizione, gli invasi artificiali non possono che essere alimentati da torrenti e fiumi che manifestano, ormai anche in aree insospettabili come il nordovest d’Italia, gravi siccità non solo estive. La loro realizzazione che dovrebbe compensare la richiesta nei periodi di crisi finirebbe per acuire le condizioni di aridità a valle degli stessi e, se alimentati da corsi d’acqua loro stessi in crisi, non garantirebbero le volumetrie di progetto. Gli invasi, inoltre, sono inevitabilmente più esposti e vulnerabili alle pressioni antropiche e all’inquinamento, rappresentando quindi risorse idriche di minore pregio. Tutto ciò non esclude che localmente la loro realizzazione, magari se alimentati da acque di riciclo depurate, possa essere d’aiuto ad esigenze agricole locali. Ben altra cosa è la ricarica artificiale delle falde che, per semplificare, altro non sono che degli invasi sotterranei nei quali l’acqua, anziché essere stoccata in superficie, viene stoccata in sotterraneo con tutti i benefici che ne conseguono riguardo alla capacità di invaso, alla protezione dall’inquinamento ed alla capacità di autoregolazione. È quindi logico confermare che l’ottimizzazione dei fabbisogni e consumi idrici nazionali debba prioritariamente passare da un’attenta valutazione e un consapevole utilizzo delle acque sotterranee, oltre che da una corretta politica di risparmio idrico la cui sensibilizzazione e gestione va affidata agli enti locali ed ai gestori oltre che alla educazione dei cittadini.

"gli invasi artificiali non possono che essere alimentati da torrenti e fiumi che manifestano, ormai anche in aree insospettabili come il nordovest d’Italia, gravi siccità non solo estive. La loro realizzazione che dovrebbe compensare la richiesta nei periodi di crisi finirebbe per acuire le condizioni di aridità a valle degli stessi e, se alimentati da corsi d’acqua loro stessi in crisi, non garantirebbero le volumetrie di progetto"

La Giornata Mondiale delle acque 2022 è stata proprio dedicata alle acque sotterranee, eppure in Italia c’è ancora poca attenzione in merito a questa risorsa, penso anche in merito alla prevenzione del dissesto idrogeologico. Come mai?

In effetti in altri paesi europei come in Spagna, Regno Unito, Francia, Slovenia (pensi che in questi ultimi due, a mia conoscenza, esistono Corsi di Laurea in Idrogeologia intesa in senso di studio delle acque sotterranee), e altri, esiste una sensibilità maggiore che in Italia. La nostra comunità di Idrogeologi italiani ce la sta mettendo tutta per aumentare la sensibilità degli amministratori e dei cittadini nei riguardi delle acque in generale e di quelle sotterranee in particolare. Molto spesso però è difficile trovare gli interlocutori. Infatti, le competenze sulle acque si perdono in molteplici Uffici che fanno capo a diversi Enti, Assessorati e Servizi vari. Spesso gli enti gestori di un tipo di utilizzo (ad esempio quello potabile) non conoscono i dati e le azioni di altri settori (ad esempio quello agricolo). Le competenze tecnico scientifiche sono separate da quelle autorizzatorie che sono separate da quelle di controllo. In tale contesto potrebbe essere utile riunire in un unico servizio tutti gli enti che agiscono e programmano gli usi, il monitoraggio, il controllo etc. delle acque o quantomeno far sì che essi dialoghino continuamente.Mi lasci sottolineare, infine, che gli idrogeologi possiedono e già mettono continuamente a disposizione gli strumenti tecnici e conoscitivi, anche innovativi, per individuare modalità di gestione efficaci e garantire l’uso sostenibile di questa risorsa, in grado, per sua natura, di mitigare i problemi contingenti creati dalla siccità e di far fronte – entro certi limiti – agli effetti dei cambiamenti climatici. Queste condizioni favorevoli consentono di impostare un approccio culturale e operativo moderno che, come auspicato dal “Green Deal” e dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), consente di adottare pratiche rispettose dell’ambiente anche in fase di emergenza, senza dover ricorrere alla massima intercettazione possibile dell’acqua defluente nei fiumi, con effetti indesiderati di alterazione degli ecosistemi fluviali, oltre che di cementificazione del territorio e di consumo del suolo.

 

 

 

SERGIO RUSI

Presidente del Comitato italiano dell'Associazione Internazionale degli Idrogeologi (IAH)

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