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Le Comunità energetiche: la transizione parte dagli Enti Locali

intervista a ernesto testa, esperto in energie rinnovabili

La crisi energetica impone al Paese di trovare in fretta delle soluzioni, in termini di riduzione dei consumi, efficientamento energetico, riduzione della dipendenza da combustibili fossili. Ritiene che le Comunità Energetiche possano svolgere un ruolo cruciale verso la transizione energetica in Italia?

Le comunità energetiche rinnovabili possono e potranno svolgere un ruolo molto importante nella transizione energetica. In Europa, come on molte parti del mondo, sono già molto sviluppate. L’Italia soltanto di recente si è dotata di un impianto normativo che le ha reso la loro realizzazione possibile in territorio nazionale. Abbiamo perso del tempo prezioso, che ci avrebbe consentito oggi di essere maggiormente autonomi a livello energetico. In questo caso la politica non ha seguito le indicazioni che arrivavano dalle associazioni di categoria competenti. Confartigianato, ad esempio, già a partire dai primi anni 2000 cominciò a sottoporre all’attenzione delle Commissioni parlamentari competenti questa opportunità, mettendo in risalto tutti i vantaggi dell’installazione di piccoli impianti, rispetto alle centrali di produzione dislocati vicino ai punti di consumo, siano essi domestici o punti di consumo di aziende.

Ci può spiegare cosa sono e in cosa consistono le Comunità di Energia Rinnovabile (CER) e quali sono i vantaggi di questa fonte pulita di energia?

Le comunità di energia rinnovabili sono un’aggregazione più o meno ampia di soggetti consumatori domestici e attività produttive di qualsiasi tipologia. Possono far parte della Comunità energetica soggetti privati e soggetti pubblici. Esse sono raggruppate su un territorio che fa capo attualmente alla cabina secondaria, quando saranno emanati ulteriori decreti attuativi, potrà fare capo a un territorio più vasto che è la cabina primaria. Funziona in questo modo: più soggetti, con ognuno il suo contatore, si uniscono insieme per costruire un impianto di energia rinnovabile, investendo nell’acquisto degli impianti. Il più diffuso è l’impianto fotovoltaico sulle coperture di abitazioni o attività produttive. L’energia prodotta da questi impianti fotovoltaici viene immessa nella rete locale e auto consumata dai soggetti che ne fanno parte. Ognuno di questi soggetti consumerà energia pulita derivata dal sole, nel caso di impianto fotovoltaico, dal vento, nel caso di impianti eolici, dall’acqua nel caso di impianti idroelettrici. La vicinanza sul territorio tra gli impianti di produzione e i con i punti di consumo aumenta il risparmio nei consumi di energia in quanto il trasporto è molto breve, quasi a km 0. Inoltre, esiste l’opportunità di installare batterie di accumulo a livello di singolo consumatore, che permettono di immagazzinare energia pulita prodotta durante le ore di funzionamento dell’impianto di produzione, che sarà successivamente consumata nelle ore di non produzione. Solitamente, nel caso di un impianto fotovoltaico, l’impianto immagazzina energia durante il giorno, che sarà consumata la sera e durante la notte.

"sarebbe più efficace destinare una quota in conto capitale alla Costituzione delle comunità energetiche in quanto è un costo che è difficile reperire tra i consumatori, mentre un contributo pubblico aiuterebbe molto la realizzazione dello studio di fattibilità e quindi determinerebbe la partenza della comunità energetica"

In Europa le Energy Community sono una realtà già molta sviluppata, con la Germania che ne conta all’attivo 1.750, seguita dalla Danimarca (700) e dai Paesi Bassi (500). Da noi attualmente se ne contano una decina, anche se uno studio del Politecnico di Milano ha stimato che entro il 2025 le energy community italiane saranno circa 40mila e coinvolgeranno circa 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila PMI. Ritiene siano traguardi raggiungibili per il nostro Paese, considerando anche i 2 miliardi messi a disposizione dal Pnrr per la realizzazione delle CER nei piccoli Comuni?

Attualmente in Italia sono in funzione una decina di Comunità energetiche in funzione. Difficile prevede se saremo in grado di raggiungere numeri così alti in soli tre anni, di certo si è sviluppato un grandissimo interesse su tutto il territorio nazionale. Soprattutto i piccoli Comuni, si stanno facendo promotori sui propri territori, a riprova che le comunità energetiche sono pensate per le “singole comunità”. A ben vedere, infatti, la comunità energetica ha un ruolo e una valenza di carattere sociale, in quanto serve a contenere i costi di acquisto dell’energia elettrica ad un prezzo ben definito, dovuto all’ammortamento dell’impianto in oggetto dell’impianto di produzione e quindi poco legata agli andamenti del prezzo di mercato della borsa elettrica. Tra l’altro, proprio i piccoli Comuni sono i destinatari di ingenti risorse, circa 2 miliardi, messe a disposizione del PNRR per la costituzione della comunità energetica e le future realizzazioni degli impianti di produzione. A mio avviso sarebbe più efficace destinare una quota in conto capitale alla costituzione delle comunità energetiche in quanto è un costo che è difficile reperire tra i consumatori, mentre un contributo pubblico aiuterebbe molto la realizzazione dello studio di fattibilità e quindi determinerebbe la partenza della comunità energetica. Mentre per ciò che riguarda le realizzazioni degli impianti e zone sufficientemente valide, sarebbe auspicabile la forma del finanziamento tramite queste risorse pubbliche senza obbligatoriamente accedere al sistema bancario.

 

 

 

ERNESTO TESTA

Esperto di energie rinnovabili. Responsabile tecnico di azienda operante nel settore delle energie green.

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